Le cotogne: frutti antichi dal fascino dimenticato

gelatina di cotogne
gelatina di cotogne

Tra i banchi dei mercati autunnali può capitare di imbattersi in un frutto che sembra uscito da un libro di storia: la cotogna. Non è una mela, non è una pera, anche se a vederla può ricordarle entrambe. Appartiene infatti alla stessa famiglia (le Rosacee) e viene prodotta dal Cydonia oblonga, un albero originario dell’Asia minore che per secoli ha accompagnato la vita quotidiana delle popolazioni mediterranee.

Oggi le cotogne sono rare da trovare e, per molti, quasi sconosciute. Eppure un tempo erano molto apprezzate: in epoca greca e romana erano considerate simbolo d’amore e fertilità, spesso offerte come dono di nozze. La loro diffusione in Europa risale al Medioevo, quando venivano coltivate nei giardini dei monasteri sia per scopi alimentari sia per le virtù medicinali attribuite loro.

Mela o pera?

La cotogna può presentarsi in due forme principali: più tondeggiante, simile a una mela, oppure più allungata, come una pera. Non a caso, in italiano si parla di mela cotogna o pera cotogna. In entrambi i casi, la buccia giallo intenso, spesso coperta da una leggera peluria, cela una polpa soda, granulosa e astringente. Proprio per questo, a differenza di mele e pere comuni, le cotogne non si mangiano quasi mai crude: il loro sapore risulta troppo aspro e allappante.

Le virtù nascoste

Dal punto di vista nutrizionale, le cotogne sono ricche di fibre, vitamina C e sali minerali come potassio e rame. La pectina contenuta nella polpa le rende particolarmente interessanti: si tratta di una fibra solubile che aiuta a regolare l’intestino e contribuisce ad abbassare i livelli di colesterolo. Non a caso, la cotogna è sempre stata considerata un frutto “medicinale”, utilizzato nei rimedi casalinghi contro i disturbi gastrointestinali.

Dalla cucina alla tradizione

Se crude non sono irresistibili, è in cucina che le cotogne svelano tutto il loro potenziale. Una volta cotte, la polpa si ammorbidisce, perde l’astringenza e sviluppa un aroma intenso e piacevolmente profumato. In molte culture sono state usate per preparare confetture, mostarde, composte e dolci da forno.

Uno dei prodotti più noti è la gelatina di cotogne, un concentrato di colore ambrato e consistenza brillante. Si ottiene facendo cuocere le bucce e i torsoli del frutto, particolarmente ricchi di pectina, insieme allo zucchero. Il risultato è una conserva dal gusto delicato ma deciso, perfetta da spalmare sul pane, accompagnare formaggi stagionati o arricchire crostate.

In Spagna e in Portogallo la cotogna è protagonista della membrillo o marmelada, una sorta di pasta dolce compatta che viene servita con i formaggi. Proprio da questa tradizione deriva la parola “marmellata”, che in origine indicava esclusivamente la preparazione a base di cotogne.

Un frutto da riscoprire

Oggi le cotogne non hanno più il posto di rilievo che meritano: sono poco commercializzate e spesso conosciute solo da chi ha un albero in giardino o ricorda le conserve della nonna. Eppure si tratta di un frutto prezioso, legato a una storia millenaria e capace di offrire sapori autentici e genuini.

Riscoprire le cotogne significa riavvicinarsi a un patrimonio gastronomico e culturale che rischia di andare perduto. La prossima volta che vi capita di vederle al mercato, non lasciatele passare inosservate: portatele a casa e provate a trasformarle in una profumata gelatina o in una morbida confettura. Potreste ritrovare, in un vasetto, il gusto antico di un frutto quasi dimenticato.